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Storica decisione presa dal Consiglio dei ministri degli Esteri dei paesi Ue  
 

Via libera ai negoziati di adesione con la Turchia

Le “trattative” dureranno almeno dieci anni – Il presidente  Barroso:
L’adesione non è garantita né automatica, i negoziati devono essere
equi e rigorosi - Porte aperte anche alla Croazia

 

Lussemburgo, 4 ottobre 2005  - L’ Unione europea avvierà i negoziati che dovrebbero portare - non prima di dieci anni, se tutto andrà bene - all’adesione della Turchia. Lo hanno deciso i  25 paesi membri nel corso di un vertice straordinario, che si è protratto sino a notte fonda per permettere di definire gli ultimi punti controversi. Viene così meno l’ipotesi di un “accordo di partenariato”, sul quale puntava l’Austria,  a favore dell’ingresso della Turchia a pieno titolo. I negoziati  sono stati ufficialmente aperti nella notte tra il 3 e 4 ottobre, con l’arrivo a Lussemburgo del ministro degli esteri turco Abdullah Gul. La presidenza di turno, quella britannica, è riuscita così a mettere un punto fermo nei rapporti tra l’ Ue e il paese euro-asiatico.

Il vertice, al quale hanno partecipato i ministri degli Esteri dei paesi dell’Unione, ha dovuto appianare le resistenze di Austria e Cipro e allentare le rigidità della Turchia. A rappresentare l’Italia il ministro degli Esteri Gianfranco Fini, secondo io quale «sarebbe stata una pazzia» non trovare un accordo  e, anzi, sarebbe la conferma che l'Europa “è in condizioni di debolezza se non di crisi”. Secondo il vice premier ci si è trovati di fronte a “bizantinismi, irrigidimenti, tatticismi esasperati e ingiustificati”. Da parte sua, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha avuto colloqui telefonici con il primo ministro turco Tayyip Erdogan e con il cancelliere austriaco Wolfgang Schüssel, come ha reso noto il sito internet del governo italiano.

Le posizioni di Austria, Cipro e Turchia – in certi momenti quasi a sfiorare l’intransigenza – erano dovute a rispettivi motivi di politica interna ed internazionale.  L’Austria, che sollecitava l’apertura dei negoziati anche per la Croazia della quale è “sponsor”, poneva come condizione - per dare il “via libera” all’ingresso del paese euro-asiatico - la valutazione preliminare delle “capacità di assorbimento” da parte dell’ Ue dell’impatto sociale ed economico determinato dalla futura integrazione turca. Quest’ultima  condizione, pur restando nel “mandato a trattare”, non è stata più presentata come preliminare non appena i 25 decidevano di aprire anche alla Croazia le porte dell’Ue. Ciò avveniva dopo che il Procuratore Carla Del Ponte confermava la collaborazione croata con il Tribunale penale internazionale, per i postumi della guerra nell’ex-Jugoslavia,  assicurando credibilità.

Da parte sua,  Cipro chiedeva che la Turchia accettasse di non ostacolare gli Stati membri dell’Unione nell’ adesione alla Nato, del quale il paese euro-asiatico fa già parte. Per eliminare questo secondo “intoppo” sono intervenuti gli Stati Uniti, che attraverso    il segretario di Stato Condoleezza Rice, hanno fatto accettare al premier turco Recep Tayyp Erdogan la clausola che le organizzazioni internazionali, quindi anche la Nato, “agiscono in piena autonomia”. Com’è noto, tra Cipro e Turchia esiste una trentennale controversia che mantiene l’isola mediterranea divisa in due: Cipro, a popolazione prevalentemente greca, che fa parte dell’ Ue, e la Repubblica turca di Cipro del Nord, riconosciuta soltanto dal governo di Ankara che vi mantiene le sue truppe. Sarà anche questa realtà (la linea di confine tra le due entità è oggi presidiata da soldati dell’ Onu) uno dei punti “caldi” che i negoziatori dell’Ue si troveranno sul tappeto.

“Naturalmente, il cammino della Turchia verso l’adesione  sarà lungo e difficile. Così come per ogni paese candidato – ha dichiarato il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso - l’adesione non è garantita né è automatica. I negoziati devono essere equi e rigorosi. A nome dell’Unione europea posso garantire che sarà così. La Turchia deve essere trattata come tutti gli altri paesi candidati e deve rispettare rigorosamente i principi della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto se vuole aderire all’Unione”.

Da parte sua il Parlamento europeo, in un documento approvato nella sessione della settimana scorsa, ha sottolineato la “necessità che il quadro negoziale rifletta le priorità politiche evocate dal Parlamento nelle sue diverse risoluzioni in cui si invita la Turchia a soddisfare pienamente i seguenti criteri politici: stabilità delle istituzioni a garanzia della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti dell'uomo e del rispetto e della protezione delle minoranze”.

La Turchia è "europea" da lungo tempo. Da cinquantasei anni i suoi rappresentanti siedono nel Consiglio d' Europa, a Strasburgo, assieme ai colleghi di altri 45 paesi. “Il problema non era definire se la Turchia fosse parte integrante dell’Europa. La questione - ha detto il segretario generale del Consiglio d' Europa Terry Davis - era sapere se l’Unione europea fosse all’altezza della sfida e comprendesse l’importanza del fatto che un paese molto popolato, e prevalentemente da islamici, fosse pronto e volesse abbracciare i valori della democrazia, dei diritti umani e della supremazia del diritto. La Turchia merita un giusto accordo e i negoziati dovranno procedere di pari passo all’attuazione delle riforme, non in funzione delle consultazioni elettorali previste altrove in Europa. L’opinione pubblica è molto importante, ma non è immune dai pregiudizi. Con una tale posta in gioco - ha concluso Davis - i leader politici dovrebbero condurre e non solamente seguire”.

 

 

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