Stiamo uscendo dalla recessione ma
l'incertezza rimane alta
Leopardi non vedrebbe ancora gli augelli far
festa, anzi: è adesso, secondo il commissario
all'economia Almunia, che si devono porre le
basi per creare un'economia più solida. Nei mesi
scorsi a tener su la baracca ci hanno pensato
massicce iniezioni di soldi pubblici, destinati
soprattutto a evitare altri crack dopo quello di
un anno fa della Lehmann Brothers. Ma nessuno
sembra più disposto a ripetere un'operazione
così dolorosa in futuro, neppure Obama che
invoca una riforma della finanza mondiale.
Certo, durante l'estate il vento ha ripreso a
soffiare con forza da poppa, con un
rallentamento della recessione (nell'Ue il -2,4%
del primo trimestre del 2009 si è ridotto al
-0,2% estivo), il ciclo delle scorte a un punto
di svolta e la fiducia in ripresa. L’Asia,
emergente da anni ormai, traina la ripresa anche
adesso. La crescita in Cina rimane solida,
mentre anche negli Stati Uniti la contrazione si
è stabilizzata e diventerà crescita già in
autunno. Per l'Europa, le previsioni di crescita
della Commissione sono quindi state riviste al
rialzo: il segno meno dall'indicatore della
crescita sparisce con il secondo trimestre 2009:
i dati per la seconda parte dell'anno sono
identici e positivi per l'Ue nel suo insieme e
per l'Italia (+0,2 nel terzo trimestre, +0,1 nel
quarto). Ma nel breve termine, le previsioni
danno maltempo sul fronte dell'economia reale:
gli effetti della crisi finanziaria degli scorsi
mesi si riversano sulle imprese, e in
particolare quelle più piccole, sul credito,
sull'occupazione. Quando passerà la bufera
autunnale, si pensa che i Paesi dal solido
impianto industriale (come l'Italia, e in
particolare le regioni del Nord) avranno le basi
per reggere l'impatto, mentre soffriranno di più
quei Paesi che hanno basato la propria crescita
su settori ormai saturati come l'edilizia.
Ma lo sforzo più importante è da fare ora,
perché il modello di sviluppo che ha portato
alla crisi è, a detta di tutti, insostenibile
sotto ogni punto di vista. Per la struttura
economica e produttiva del nostro Paese ci
sembrano rilevanti due aspetti sui quali
l'Europa non solo invita a riflettere, ma
soprattutto agisce. Bisogna da una parte
scommettere sulla green economy, sulla
sostenibilità, sui settori che coniugano
innovazione, tecnologia, fonti rinnovabili e
ambiente, sulla qualità (del prodotto e della
vita). Chi non lo fa ha davvero prospettive
incerte non solo oggi, ma anche domani e
dopodomani. La crescita non si misurerà più
soltanto sul PIL, ma anche su questi indicatori
(e lo dice, ad esempio, Sarkozy). La Conferenza
di Copenaghen sul clima a dicembre sarà decisiva
su questi temi. Secondo aspetto:
imprenditorialità, semplificazione, sostegno
alla piccola e media impresa. Lo Small Business
Act dell'Ue traccia la linea del nuovo modello
di sviluppo per i nostri territori. E la
Rappresentanza a Milano della Commissione punta
su questi temi per accompagnare e consolidare la
ripresa autunnale, a beneficio delle imprese e
dei lavoratori.
Matteo Fornara
Rappresentanza a Milano
PS ieri sera è ricominciata la Champions. Se
l'Unione ricerca una storia di successo, eccola:
un prodotto di qualità assoluta, un metodo
innovativo, grande popolarità, ogni anno un
vincitore diverso, crescita economica continua,
partecipazione sempre più allargata e
democratica (Debrecen, Urziceni, Nicosia,
Alkmaar, Kazan…), un Presidente (Platini) dal
curriculum di altissimo livello che impone
regole di fair-play in campo e di rigore nei
budget (li controllerà nientemeno che Jean-Luc
Dehaene, già protagonista del periodo
costituente europeo). E perfino un inno che
nessuno si permette di contestare...