Vocabolario europeo ponte tra varie culture |
di Elzbieta Cywiak Tra le iniziative dell’ultima edizione del Festivaletteratura di Mantova, conclusasi il 7 settembre scorso, la più interessante è stata, senza dubbio, quella intitolata “Vocabolario europeo – La parola (d)agli autori”. Nell’ambito di questo progetto che prende spunto dal fatto che l’Unesco ha dichiarato il 2008 “Anno internazionale della lingua madre” è stato chiesto agli autori di vari paesi europei di regalare una parola tratta dalla propria lingua da inserire in un grande vocabolario condiviso. Per cercare l’unità nelle differenze e formare un ideale patrimonio linguistico comune, ridando la parola agli scrittori. Durante i quattro giorni del festival si sono infatti incontrati, coordinati dal linguista Giuseppe Antonelli al quale spetterà anche il compito di registrare le varie voci del primo “Vocabolario Europeo”, scrittori come la greca Ionna Karistiani ed il bulgaro Angel Wagenstein, il croato Predrag Matvejevic e la turca Seray Sahiner, l’italiano (sardo) Giorgio Todde e l’islandese Gudrun Eva Minervuddottir, il gallese Cynan Jones e l’italiano Marco Santagata, il basco Bernardo Atxaga e l’ungherese Zsuzsa Rakovszky, lo svedese Hakan Nesser e l’inglese Howard Jacobson, per concludere con il rumeno Mircea Cartrescu e l’altoatesino di lingua tedesca Joseph Zoderer. Tra le parole scelte, accanto alle parole-mondo, parole-simbolo come il tedesco “Heimat”, sinonimo di “nido” o “Ikasi”, cioè “apprendere”, indicato dal basco Bernardo Atxaga, vi sono termini più direttamente aderenti alla specificità della lingua e della cultura determinata. Cosi è nel caso della scelta della parola “stile”, più squisitamente letteraria, dell’italiano Marco Santagata, dell’inglese “argument”, “prova o un argomento addotto per supportare un’asserzione, ma anche dibattito, discussione” che per Howard Jacobson è un modo per entrare nel carattere britannico e del termine svedese “allemanstaed’ (possibilità per ciascuno di camminare liberamente nelle campagne e nei boschi) che gli svedesi hanno nel sangue, ma che è difficile riscontrare altrove. Mancano per ora le parole del francese e dello spagnolo, ma ci sono le lingue di paesi recentemente entrati nell’Unione Europea come l’ungherese di Zsuzsa Rakovszky che ha scelto “mult” (passato), il bulgaro di Angel Wagenstein che ha proposto una parola che significa lettere dell’alfabeto. C’è anche il termine turco “belki”, cioè forse, indicato da Saray Ahiner, presenza interessante, dal momento che Ankara non fa ancora parte dell’Unione europea, anche se nel vocabolario italiano sembra ci siano circa 180 parole di origine turca. Il vocabolario europeo ha inoltre la funzione di creare i ponti tra le varie culture e identità. La parola “thalassa” (mare}, scelta dalla greca Ioanna Karistani è infatti quella che ha più rimandi in molta letteratura.
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