Bruxelles, 14 ottobre 2007 - Riprendono i negoziati sul futuro
status del Kosovo, con incontri tra rappresentanti serbi e kosovari
e la troika (Ue, Russia, Usa) incaricata di condurre le trattative
dopo il fallimento del piano delle Nazioni Unite sull'indipendenza
sotto supervisione dell'Unione europea. Il Kosovo rappresenta una
prova importante per la politica estera europea. A otto anni dal
conflitto, gli abitanti della provincia attendono una soluzione per
la stabilizzazione di questo fazzoletto di terra. Le proposte
avanzate dai serbi kosovari sono diametralmente opposte a quelle
auspicate dagli albanesi kosovari. La prova che attende l'Unione
europea ne determinerà il suo ruolo futuro nei Balcani. Fino a
questo momento solo i soldati della Nato vigilano sulla sicurezza
del Kosovo.
Il presidente della provincia serba a maggioranza albanofona Fatmir
Sejdiu che vuole la piena indipendenza da Belgrado, non si aspetta
progressi dalla riunione. "Credo –dice- che entrambe le parti
metteranno sul tavolo le proprie idee e non ci sarà nulla di nuovo".
Resta fermo sulle sue posizioni il ministro degli esteri serbo Vuk
Jeremic. Chiede un compromesso accettabile per tutti, ma resta
contrario all'indipendenza. Pristina ha annunciato che dichiarerà
l’indipendenza se il 10 dicembre, data limite per la conclusione dei
negoziati, non si raggiungerà un accordo.
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