Yangon, 26 settembre 2007 - In Myanmar si contano i primi morti.
Secondo alcune fonti, almeno tre monaci buddisti e tre civili
sarebbero rimasti uccisi a Yangon, ex capitale del Paese, dove per
la nona giornata consecutiva infuriano le proteste contro il
governo. Decine i feriti. Anche oggi i monaci e i civili sono
tornati in piazza, sfidando di nuovo la giunta militare e il
coprifuoco notturno. Le forze dell'ordine hanno caricato a colpi di
sfollagente, usato gas lacrimogeni e sparato colpi d'arma da fuoco
per tentare di disperdere i manifestanti. Almeno 200 persone, per la
metà monaci, sono state arrestate.
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Obiettivo della protesta è quello di abbattere la giunta militare e
con essa il suo leader. Than Shwe è capo dello Stato e comandante
delle forze armate dal 1992, ma fa parte della giunta dal 1988. La
stessa che, quell'anno, soffocò nel sangue la rivolta studentesca.
Questa volta le proteste potrebbero però mettere il suo potere a
dura prova. Than Shwe ha 73 anni, ma, a dispetto dell'età da
pensione, resta al potere e lo fa mantenendo la linea dura. Anche
con Aung San Suu Kyi, leader del movimento non violento contro la
dittatura, alla guida della Lega Nazionale per la Democrazia. Il
premio Nobel per la Pace nel 1991 ha speso gran parte degli ultimi
sedici anni agli arresti domiciliari. Il Parlamento europeo appoggia
da anni l'opposizione non violenta in Myanmar. Nel 1990 assegnò a
Aung San Suu Kyi il premio Sakarov per la sua battaglia contro
l'ingiustizia e l'oppressione.
Gli occhi del mondo sono puntati sull'ex Birmania. Il Consiglio di
Sicurezza dell'Onu si è riunito d'urgenza in serata su richiesta del
premier britannico Gordon Brown. Ieri alle Nazioni Unite, il
presidente americano George Bush aveva annunciato l'inasprimento
delle sanzioni nei confronti del regime birmano. L'Unione europea ha
già messo in cantiere nuove sanzioni contro la giunta birmana, uno
dei pochi strumenti di cui dispone per condannare il tentativo del
regime di reprimere l'opposizione. Ma le sole sanzioni non bastano,
in molti sono convinti che sia necessario un importante lavoro
diplomatico con i paesi dell'intera area geografica, a cominciare
dalla Cina e dall'India. Il ministro degli Esteri massimo D'Alema
oggi a New York ha affermato che l'Italia ha intenzione di
adoperarsi in tutti le sedi e presso tutti i Paesi affinchè ci sia
“una forte pressione internazionale” contro il regime di Myanmar.
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