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Nel maggio 1948 veniva costituito a L’Aja il Movimento europeo internazionale, con l’obiettivo di riunire coloro che erano interessati a dare impulso all’idea di un’ Europa unita e alla sua realizzazione. A distanza di sessant’ anni il Movimento europeo torna in Olanda, dove il 23 e 24 maggio si svolge il Congresso internazionale dell’organizzazione. In Italia la ricorrenza verrà celebrata sabato 24 maggio a Milano con un convegno sul tema Costruire insieme l’Europa del futuro”. Sull’ evento di sessant’anni fa pubblichiamo un articolo di Marcello Palumbo, memoria storia dell’europeismo e decano dell’ Associazione dei Giornalisti Europei.
 

La lunga marcia della cittadinanza europea

di Marcello Palumbo


I veterani presenti sul cantiere della costruzione europea sin dalle origini ricordano, non senza emozione, il congresso dell’Aja di sessant’anni fa che diede il via alla lunga marcia verso una meta solo in parte raggiunta.

Si sa che il nocciolo duro federalista, una sorta di monachesimo politico intransigente, non è mai stato incline verso il funzionalismo che è invece prevalso nei decenni trascorsi, ma quel congresso dei Movimenti Europei ancora alle prime armi, pur travagliato dalla contrapposizione tra i fautori dei due diversi metodi, ebbe un ruolo più che significativo nell’edificazione delle strutture che si sono andate consolidando, attraverso avanzate e ritirate strategiche, nell’attuale Unione Europea.

Il 1948 ebbe inizio con tristi presagi e sanguinosi avvenimenti: il 30 gennaio veniva assassinato il mahatma Gandhi, il mese successivo si  consumava il colpo di stato comunista a Praga, che impose al presidente Benes di riconoscere il governo di Klement Gottwald (23 febbraio). Seguiva la morte del ministro degli Affari esteri cecoslovacco Jan Masaryk,  avvenuta in circostanze assai sospette il 10 di marzo.  Il 1° aprile aveva inizio il blocco sovietico di Berlino e il 1° maggio la proclamazione della Repubblica popolare di Corea sanciva la divisione di quel Paese tuttora perdurante. Il 26 dicembre veniva arrestato a Budapest il Primate d’ Ungheria cardinale Mindszenty.

Ma i politici e le opinioni pubbliche dell’occidente reagirono in maniera decisa a quegli eventi con coraggio e con una buona dose di fantasia. Tra i fatti positivi di sessant’anni or sono fanno spicco la firma del trattato  dell’ Ueo (17 marzo) tra Gran Bretagna, Francia e i Paesi del Benelux, la nascita (16 aprile) dell’Oece, progenitore dell’attuale Ocse, la lezione tutta italiana del 18 aprile in cui le forze democratiche guidate da De Gasperi sconfissero la coalizione social-comunista, il ponte aereo degli Stati Uniti verso Berlino (iniziato il 25 giugno), l’istituzione  a Bonn del Consiglio parlamentare per la Germania dell’ Ovest sotto la presidenza di Adenauer (1° settembre) e, infine, l’approvazione del testo della Dichiarazione  universale dei diritti dell’uomo  all’assemblea  generale delle Nazioni Unite  (10 dicembre). Il 14 maggio era stato intanto proclamato lo stato indipendente di Israele e il 29 luglio si aprivano a Londra i primi giochi olimpici del dopoguerra.

In un clima, dunque, nel quale il  rapporto est-ovest toccava punte di massima tensione, fu tenuto all’Aja dal 7 al 10 maggio 1948 il primo congresso del Movimento Europeo che doveva ispirare l’elaborazione dell’unità europea secondo la duplice linea: della collaborazione e del concerto tra gli stati, che portò alla nascita del Consiglio d’Europa (5 maggio 1949), e l’altra dell’integrazione “à la carte”, tendenzialmente federalista, che diede origine ai trattati della Ceca, della Cee, dell’Euratom, e di tutti gli altri che seguirono fino al trattato di Lisbona.

“Un’idea degli Stati Uniti d’Europa” era stata adombrata il 19 settembre 1946 nel discorso di Zurigo da Winston Churchill che, in vacanza dal ruolo di Premier, andava riservando la sua attenzione al tema della “unità delle democrazie occidentali”, e che già a Fulton, nel marzo dello stesso anno, aveva lanciato la definizione, divenuta poi famosa, della “cortina di ferro”. In tale azione il vecchio leader  britannico ebbe a fianco  il genero Duncan Sandys che, in un  colloquio con l’olandese Paul Van Zeland nel settembre del’47, delineò il progetto di convocare all’Aja il fior fiore delle rappresentanze politiche e culturali europee. Durante un soggiorno romano lo stesso uomo politico britannico ebbe modo di esporre, in un’udienza privata, questo proposito a Pio XII,  che accordò il suo pieno sostegno all’iniziativa.

Al congresso dell’Aja parteciparono i rappresentanti di 17 paesi dell’Europa occidentale e gli osservatori di 6 paesi dell’est, oltre a quelli degli Stati Uniti e del Canada. Ottocento personalità tra politici intellettuali  ed economisti si alternano per quattro giorni ai microfoni della Ridderzaal in un torneo oratorio nel quale prevalsero lo spessore ma anche la varietà delle proposte. “Nella grande confusione delle idee” – scrisse Jean Monnet – si sarebbero potute distinguere alcune feconde linee di azione  frammischiate a molti sogni”.

L’impasto umano era dei più eterogenei. A personaggi di primo piano si aggregavano anonimi “backbenchers”. Nella delegazione francese figuravano Maurice Shumann, Paul Ramadier che guidò i lavori della commissione politica, Raymond Aron, Jacques Rueff  e uno “sconosciuto” François Mitterand. In quella britannica i conservatori facevano la parte del leone con Churchill, Macmillan, Eden e Amery, mentre i laburisti portavano come massimo esponente  MacKay. Nella delegazione tedesca spiccavano  le personalità di  Konrad Adenauer e del prof. Walter Hallstein che sarebbe poi divenuto il primo presidente  della Commissione Cee. Il gruppo italiano comprendeva i due autori del manifesto di Ventotene Altiero Spinelli ed  Ernesto  Rossi, oltre a Carandini,  Cattani, Garosci, Olivetti, i poeti Salvatore Quasimodo e Giuseppe Ungaretti e lo scrittore Ignazio Silone. I problemi della cultura ebbero il valido contributo dello spagnolo Salvador de Madariaga, che presiedette la specifica commissione, e dello svizzero Denis de  Rougemont. La commissione economica presieduta da Van Zeeland si distinse per le proposte concrete circa la creazione di un’unione economica basata sull’abbattimento delle barriere doganali e sulla libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi. 

Tra le pieghe del programma primeggiavano le esigenze di una cittadinanza europea, una forza di difesa comune, un Parlamento eletto con poteri legislativi e, in fondo al cammino, la realizzazione di una federazione al gran completo.

 

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