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L’informazione europea? E’ noiosa…

di Marcello Palumbo
 

Repetita iuvant. Avevamo dedicato – la sezione italiana dell’AGE - un ciclo di seminari al problema di come far circolare fra i cittadini idee, notizie e documenti delle Istituzioni  europee, che hanno una ricaduta sulla nostra popolazione, benché poco prolifica, forte di mezzo miliardo di persone. L’altro focus era quello di come far giungere a destinazione le istanze che salgono dai cittadini verso il vertice del sistema. Ne ricordiamo le date: 15 giugno 2007 “La libertà di stampa e la deontologia dei media; 13 novembre 2007, “Comunicare l’Europa”; 28 marzo 2008, “Europa e cittadini: quale informazione?”

Ora, un gruppo di accademici dei Dipartimenti umanistici delle università della Sapienza e della Tuscia ha dedicato al medesimo argomento una interessante “due giorni” (il 22 e 23 ottobre) che si è svolta nella sede dell’ateneo di Viterbo, col proficuo intervento di operatori quotidianamente dediti ad alimentare il grande fiume dell’informazione, e di quegli altri, i giornalisti, che di tutto quel volume trasferiscono al pubblico le dosi compatibili con la capacità ricettiva degli utilizzatori. C’erano anche gli analisti, i quali controllano coi loro alambicchi il complesso congegno di questa trasmissione no stop. Mancavano soltanto i fruitori, e cioè i comuni mortali che leggono o ascoltano o osservano il risultato di questo enorme lavorìo da formiche attraverso i mezzi tradizionali del giornale, o di quelli più moderni, gli elettronici, senza contare i futuribili. In loro vece hanno seguito il dibattito con vigile attenzione un bel gruppo di studenti che prendevano appunti.

Ma, in fondo, come si presenta l’informazione europea? E’ noiosa, tecnicistica e gergale: parola di uno che se ne intende, il direttore dell’ANSA. Così l’ha infatti definita Giampiero Gramaglia che sta agli scambi, passando ogni giorno migliaia di “lanci” dalla fonte ai media. Nessuno scandalo per il parlar chiaro del responsabile della maggiore agenzia di stampa italiana. Tutti sanno che a Bruxelles si trattano il più delle volte temi sofisticati rispetto alla vita economica del continente, e che i riflettori si accendono or qua or là, quando sono in gioco, ad esempio, le quote latte in Val Padana o le contraffazioni del parmigiano in Emilia. Ma poi all’improvviso ecco la fiammata, al momento in cui si discutono le sorti di milioni di risparmiatori assediati dalle preoccupazioni per la crisi finanziaria. Sta di fatto che ci sono più giornalisti italiani a Bruxelles che in qualsiasi altra sede al mondo, e che la sala stampa dell’Unione accoglie il numero più alto di corrispondenti in permanenza di tutto il pianeta: mille.

Anche se di solito poco appetibile come soggetto di pubblico interesse, l’Europa non ha mancato di segnare alcune punte di attrazione nella pubblica opinione come la serie degli avvenimenti che sono entrati, nel bene o nel male, nella storia dei trascorsi sessant’anni, e gli ultimi dei quali vanno registrati in questo XXI secolo: l’Euro, l’allargamento dell’Unione, i due trattati di Roma e di Lisbona, entrambi bocciati da minoranze referendarie, ora l’intervento positivo nella controversia russo-georgiana e, finalmente, di fronte al crollo delle strutture finanziarie mondiali, la migliore tenuta del modello del Vecchio Continente rispetto a quello d’oltre Atlantico e di altre parti del globo. Dunque, come fare a meno di questa  nuova realtà geopolitica, anche se non appare sempre scintillante come un balletto Excelsior? Un indice del suo valore è dato dalla mole dell’informazione. Oltre vent’anni fa, nel 1985, nell’arco dei dodici mesi, venivano trasmesse 2.922 notizie concernenti le Istituzioni Europee. Per il  2008 si calcola che se ne sfornino circa 10 mila.    

Gerardo Mombelli ha tracciato una filigrana cartesiana del rapporto tra l’agente storico e il pubblico. Le Istituzioni comunicano, i media  informano. A volte però i cittadini possono accedere direttamente alle fonti.  E’ ora infatti possibile seguire in Web le sedute del Parlamento Europeo. C’è poi il settore educativo che riguarda in particolare i fondamenti culturali, la popolazione scolastica e i programmi del tipo Erasmus. Corollario di tutto questo dovrebbe essere la comunicazione di carattere politico che mira al consolidamento delle Istituzioni europee e alla crescita del loro ruolo politico.

Per Leonardo Raponi il tema Europa non è un processo a senso unico, non una visione prefabbricata da trasmettere, ma un confronto continuo che crei il senso di appartenenza, di interdipendenza e di collegamento fra tutti i fattori  che interagiscono ad un medesimo fine. Carente ma non latitante, a questo proposito, è la cultura, secondo Francesca Anania, animatrice del convegno, che sottolinea il ruolo fondante dell’esercizio della conoscenza.

Ma esiste una strategia che miri a migliorare il rapporto tra le Istituzioni e i cittadini? Stefano Milia percorre le principali tappe di sviluppo che si sono concentrate in alcune campagne di informazione dagli anni ‘90 in poi: “Cittadini d’Europa”, “Costruiamo insieme l’Europa”, “L’euro, una moneta unica per l’Europa”, “Dialogo sull’Europa”, “Piano D per la democrazia, il dialogo, il dibattito”; infine la dichiarazione comune del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione: “ Comunicare l’Europa in Partenariato” approvata il 22 ottobre scorso.

Dopo tutto questo agitarsi di corpi entro la galassia informativa, le conoscenze continuano a rimanere piuttosto deludenti. Ecco i risultati di un sondaggio di giovani universitari a Viterbo. Qual è l’inno europeo? L’inno alla gioia di Beethoven: ben detto da parte di 120 interpellati; il concerto per pianoforte n. 20 di Mozart, 10 interpellati; la Traviata di Verdi, 16. Quanti Paesi fanno parte dell’Unione Europea? Il 59% dà la risposta giusta: 27, ma un 23% dice 25 e un 15% 15. Chi è l’attuale Presidente della Commissione Europea? Solo il 44% dà la risposta esatta: Manuel Barroso, mentre il 6% indica Jacques Delors, il 7% Xavier Solana e il 37% risponde “non so”. Quali paesi hanno respinto con referendum la Costituzione Europea? Solo il 20% risponde correttamente: Francia e Paesi Bassi. Per il 34% sono Gran Bretagna e Francia, per il 31% Danimarca e Portogallo.

Come si vede, c’è ancora molto da lavorare nel cantiere Europa per gli addetti all’informazione. Ma anche i comunicatori hanno bisogno di riguadagnare la fiducia del pubblico, se è vero che in un recente sondaggio dell’ “Astra ricerche” i giornalisti sono considerati bugiardi dal 68% degl’interpellati, poco informati dal 60% e non indipendenti dal 52%. A questo punto Cicerone direbbe: “o tempora o mores”.

 

 

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