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Gentiloni: C’è un errore nel ddl sull’editoria



Roma, 20 ottobre 2007 - Parlando dell'allarme suscitato nel popolo dei blog da una norma del disegno di legge sull'editoria, il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni precisa e rassicura: "L'allarme lanciato da Beppe Grillo e ripreso da molti commenti al mio blog è giustificato", scrive on line Gentiloni parlando di un "errore da correggere".Infatti il disegno di legge sull'editoria, proposto dalla presidenza del Consiglio, approvato una settimana fa in Consiglio dei ministri e che inizierà il suo iter mercoledì alla Camera, va corretto “perché la norma sulla registrazione dei siti internet non è chiara e lascia spazio a interpretazioni assurde e restrittive. Naturalmente - continua Gentiloni -  mi prendo la mia parte di responsabilità (come ha fatto anche il ministro Di Pietro nel suo blog) per non aver controllato personalmente e parola per parola il testo che alla fine è stato sottoposto al Consiglio dei Ministri”.

“Pensavo - aggiunge Gentiloni - che la nuova legge sull'editoria confermasse semplicemente le norme esistenti, che da sei anni prevedono si una registrazione ma soltanto per un ristretto numero di testate giornalistiche on line, caratterizzate da periodicità, per avere accesso ai contributi della legge sull'editoria; va bene applicare anche ai giornali on line le norme in vigore per i giornali, ma sarebbe un grave errore estenderle a siti e blog". Per il ministro invece "il testo è troppo vago sul punto e autorizza interpretazioni estensive che alla fine potrebbero limitare l'attività di molti siti e blog. Meglio, molto meglio lasciare le regole attuali che in fondo su questo punto hanno funzionato. Riconosciuto l'errore - conclude Gentiloni - si tratta di correggerlo. E sono convinto che sarà lo stesso sottosegretario alla presidenza Levi a volerlo fare".

L'autore della legge, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Ricardo Franco Levi, ha risposto a Beppe Grillo con una lettera in cui spiega che con il provvedimento "non intendiamo in alcun modo né tappare la bocca a Internet né provocare la fine della Rete. Non ne abbiamo il potere e, soprattutto, non ne abbiamo l'intenzione. Ciò che ci proponiamo è semplicemente di promuovere la riforma di un settore, quello per l'appunto dell'editoria, a sostegno del quale lo Stato spende somme importanti, che è regolato da norme che si sono succedute in modo disordinato nel corso degli anni e che corrispondono ormai con grande fatica ad una realtà profondamente cambiata sotto la spinta delle innovazioni della tecnologia”. Levi aggiunge: "Siamo consapevoli che, soprattutto quando si tratta di internet, di siti, di blog, la distinzione tra l'operatore professionale e il privato può essere sottile e non facile da definire. Ed è proprio per questo che nella legge affidiamo all'Autorità garante per le comunicazioni il compito di vigilare sul mercato e di stabilire i criteri per individuare i soggetti e le imprese tenuti ad iscriversi al Registro degli operatori di comunicazione (Roc)".

 

Ma proprio dall'Autorità garante per le comunicazioni, esprime perplessità il commissario Nicola D'Angelo che invita a "contemperare le esigenze di garanzia con la libera apertura della rete". Altrimenti, conclude, "finirà che i blog si faranno dall'estero".

 

 

 

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