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Clima, delegazione Ue in Cina 



Strasburgo, 12 novembre 2007 – La Repubblica popolare cinese è politicamente impegnata a combattere il cambiamento climatico, ma senza obiettivi specifici. Queste le conclusioni della delegazione dell’europarlamento al termine della recente missione svolta a Pechino, in vista dell’imminente Conferenza di Bali sul clima. Il presidente della commissione parlamentare, Guido Sacconi del gruppo socialista (Pse) ha dichiarato che “colossi come la Cina e l’India, con una economia in forte espansione, stanno divenendo velocemente fra i paesi a più alto inquinamento al mondo. I buoni propositi del dopo Kyoto nel 2012 saranno possibili solo se paesi dalle simili caratteristiche si impegneranno nel nuovo accordo”.

Nel rapporto si considera che dal 1990, quello che oggi è, ma ancora per poco, il secondo paese al mondo in termini di emissioni di Co2 dopo gli Stati Uniti, ha già raddoppiato le sue emissioni inquinanti. Pur se nel 2002 la Cina ha ratificato il protocollo di Kyoto, quale paese emergente non è vincolato a rispettare il dettame della riduzione delle emissioni. Con una economia in forte espansione e una popolazione di 1 miliardo e 300 mila individui, la Cina è oggi il più grande consumatore di carbone e petrolio della terra.

Recentemente, la Cina ha adottato il programma sul cambiamento climatico con obiettivi ambiziosi, dimostrando un impegno serio a migliorare i suoi livelli di efficienza energetica.
“La nostra sortita a Pechino - fa notare Sacconi - ci ha dato l'opportunità di incontrare funzionari governativi, membri del Congresso nazionale ed esperti del mondo economico e della società civile e scambiare punti di vista sul tema, un processo che ci ha aiutato a comprendere meglio la posizione cinese al riguardo”.

Il relatore della commissione parlamentare Karl-Heinz Florenz, eurodeputato tedesco del gruppo del partito popolare europeo (Ppe-De), ha aggiunto: "Dai colloqui avuti abbiamo capito che la lotta al cambiamento climatico rappresenta una delle priorità politiche delle autorità cinesi che stanno applicando con successo la nuova legislazione in materia. E’ rassicurante sapere che per la Cina, come per l'Ue d'altronde - ha dichiarato Florenz - la conferenza di Bali delle Nazioni Unite che si apre il 3 dicembre è l'unico forum appropriato per i negoziati internazionali sul cambiamento climatico. Le autorità cinesi sono inoltre sulla nostra stessa linea per quanto riguarda la necessità di un accordo al più tardi entro il 2009, affinché non si crei un vuoto fra l'attuale protocollo e il nuovo testo”. Circa l'importanza di costruire delle partnership e coinvolgere nella lotta al cambiamento climatico le nuove realtà emergenti come Cina e India, Florenz ha precisato che “il Parlamento punta a una politica estera ambientale”.

Da parte sua il presidente Sacconi ha aggiunto che la Cina vuole ridurre le emissioni, risparmiare energia e produrre efficienza energetica e che, inoltre, ritiene importante cooperare con gli altri paesi industrializzati in termini di trasferimento tecnologico, così come nella necessità di un'assistenza finanziaria. “Rimane però un punto critico - si è rammaricato Sacconi – in quanto la Cina continua a sostenere l'attuale struttura del protocollo di Kyoto, e cioè senza impegni quantitativi per i paesi emergenti e quelli in via di sviluppo".

Con la risoluzione votata dalla commissione temporanea sul cambiamento climatico il 22 ottobre, che sarà adottata dall'intero Parlamento giovedì prossimo 15 novembre a Strasburgo, i deputati chiedono all'Unione europea di far in modo che “al massimo entro il 2009 si arrivi a un accordo internazionale che includa obiettivi vincolanti in termini di emissioni per i paesi industrializzati, con riduzioni di almeno il 30% entro il 2020 e del 60%-80% entro il 2050”. Chiesti, inoltre, un sistema globale di “tetto per le emissioni e scambio di quote”, un meccanismo finanziario di adeguamento e strumenti finanziari per lo sviluppo pulito, il trasferimento e l'utilizzo di tecnologie.

 

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