Bruxelles, 24 ottobre 2007 - Secondo un recente rapporto della
Commissione, il lavoro non dichiarato in Europa resta un problema
che ostacola l'azione dell'Ue nel raggiungimento degli obiettivi di
miglioramento dei posti di lavoro e della crescita. La relazione
identifica i principali fattori di spinta dell'economia informale,
definisce metodi efficaci per ridurne l'ampiezza e propone un
insieme di misure di controllo a livello tanto europeo quanto
nazionale. I nuovi dati di Eurobarometro – la prima indagine
armonizzata su tale aspetto sensibile mai effettuata su scala
europea – confermano l'esistenza di un ampio mercato fertile per il
lavoro clandestino in tutta l'Unione.
“L'economia sommersa pregiudica il finanziamento dei sistemi di
sicurezza sociale, ostacola buone politiche economiche e può
comportare un dumping sociale”, ha dichiarato Vladimír Špidla,
commissario responsabile dell'occupazione. “Nessun segnale consente
di concludere che tale fenomeno sia in diminuzione – al contrario,
in taluni settori e in talune forme di lavoro esso sembra crescere.
Sebbene in contesti nazionali siano state intraprese iniziative
riuscite di lotta contro il lavoro non dichiarato, occorre
intensificare il nostro approccio e agire in modo più decisivo in
tutta l'Ue”.
Il lavoro non dichiarato rappresenta un fenomeno complesso con
fattori molteplici che richiede un approccio equilibrato di
prevenzione, di applicazione della legge e di comminazione di
sanzioni. Alti livelli di imposizione fiscale e di contributi di
previdenza sociale, nonché oneri amministrativi non indifferenti
sono in genere considerati come i fattori di spinta del lavoro non
dichiarato, ma esistono anche tendenze crescenti verso il subappalto
e il falso lavoro indipendente. Infine, in taluni Stati membri,
l'applicazione di disposizioni transitorie nei confronti dei
lavoratori dei nuovi Stati membri ha esacerbato il ricorso al lavoro
non dichiarato.
Da un'analisi delle recenti misure politiche adottate dagli Stati
membri si delinea un quadro misto, con difficoltà persistenti ed
esperienze più incoraggianti. L'onere fiscale sul lavoro è stato, ad
esempio, ridotto soltanto marginalmente nell'Ue, mentre posti di
lavoro più regolari potrebbero essere creati riducendo l'onere
amministrativo e facilitando la registrazione dei lavoratori. Nel
contempo, se da un lato la fissazione di retribuzioni minime può far
diminuire le pratiche di pagamento “fuori busta”, dall'altro una
imposizione più elevata delle ore di straordinario incoraggia una
tale pratica.
La prossima riunione del Consiglio del 6 dicembre fornirà una prima
occasione di dibattito politico sulle modalità di lotta più efficaci
contro il lavoro non dichiarato. La Commissione ha inoltre
presentato i risultati della sua consultazione pubblica in merito
all'adattamento della normativa del lavoro all'attuale mondo del
lavoro. La consultazione ha avuto un grande successo: sono stati
ricevuti più di 450 punti di vista provenienti da tutta una gamma di
attori siti nell'Ue-27 e fuori di essa. Nonostante le divergenze
d'opinione, i risultati del sondaggio ribadiscono che la normativa
del lavoro è essenziale per gestire la forza lavoro dell'Ue e per
dare ai lavoratori un senso di sicurezza.
Molte delle risposte pervenute sottolineano, in particolare, la
necessità di attuare appieno la vigente normativa del lavoro in
tutti gli Stati membri e di raggiungere un accordo su questioni
d'attualità come le proposte in merito ai contratti delle agenzie di
lavoro temporaneo e al riesame della direttiva sull'orario di
lavoro. Dalle risposte si deduce anche che il processo nazionale di
riforma nell'ambito della strategia Ue per la crescita e
l'occupazione e l'approccio integrato per lo sviluppo e l'attuazione
di principi ispirati alla flessicurezza sono il modo di procedere
più adeguato.
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