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Trattato Ue verso le ratifiche



Lisbona, 20 ottobre 2007 - Incassato il laborioso “si” di tutti i leader comunitari al nuovo trattato delle riforme, per l'Unione inizia ora un nuovo percorso di ratifica, potenzialmente a rischio referendario. L'Ue vuole evitare ad ogni costo che si ripeta la terribile battuta d'arresto del 2005, quando i cittadini di Francia e Olanda, per referendum, hanno affossato il progetto ''alto'' della Costituzione europea, frutto di un anno di lavoro della Convenzione presieduta da Valery Giscard d'Estaing.

Un implicito fronte del consenso riunisce i leader comunitari nell'auspicio di evitare referendum nazionali. Il solo Paese in cui e' costituzionalmente obbligatorio consultare i cittadini è l'Irlanda. Nella maggior parte degli altri Paesi il referendum e' solo facoltativo, in alternativa alla ratifica parlamentare. Finora nessun governo ha scelto l'opzione referendaria.

Francia e Olanda l'hanno già esclusa, malgrado le proteste dell'opposizione e degli euroscettici. E potrebbe prendere corpo l'ipotesi che si possa arrivare al referendum anche in Finlandia e Danimarca. Nel Regno Unito il premier Gordon Brown è sotto forte pressione da parte dell'opposizione e di parte della stampa perché convochi un referendum. Il rischio di perderlo sarebbe alto. Brown finora ha scartato questa ipotesi, ma l'opposizione gli rinfaccia la promessa fatta dal suo predecessore Tony Blair nel 2005 di sottoporre qualsiasi nuovo trattato europeo al voto del popolo. “Non si può ancora escludere completamente un referendum” rileva l'eurodeputato britannico Andrew Duff, uno dei tre negoziatori dell'Europarlamento sul trattato.

Secondo un recente sondaggio una maggioranza di cittadini è favorevole al referendum sul nuovo trattato non solo nel Regno Unito, ma anche in Germania - dove costituzionalmente non è possibile - Italia, Francia e Spagna. Ci sono tensioni politiche al riguardo anche in Portogallo, il paese che ha la presidenza dell’ Ue fino al 31 dicembre e che ha guidato i negoziati per l'approvazione del trattato. L'opposizione chiede al premier socialista Socrates di mantenere la promessa che aveva fatto al riguardo nel 2005 in campagna elettorale. Socrates finora ha dribblato gli appelli rinviando la decisione a dopo l' adozione del trattato.

Ora afferma che deciderà dopo la firma del “Trattato di Lisbona”, prevista il 13 dicembre. Ma, stando alla stampa portoghese, Socrates non vuole prendere il rischio di un voto referendario. Potrebbe aiutarlo nell'evitarlo la recente nomina di Luis Felipe Menezes alla guida del principale partito di opposizione, il Pds. Menezes, in carica da dieci giorni, ha fatto capire di non insistere più per il referendum.

Il quadro generale e' quindi ancora incerto. I sostenitori dei referendum invocano l'esigenza di fare partecipare i cittadini alla costruzione dell'Europa, dopo che per decenni le decisioni sono state prese al di sopra delle loro teste. Ma il rischio di un 'no' - ne basterebbe uno - nei Paesi che non potranno fare a meno di consultare i cittadini, non può essere escluso.

In Francia nel 2005 molti votarono alla Costituzione in realtà per protestare contro le difficoltà economiche del Paese, o contro il governo, o ancora contro l'ipotesi di una adesione turca all'Ue. Tutte cose che con il trattato costituzionale c'entravano molto poco. Nulla garantisce che questo cocktail micidiale non possa ripetersi nel 2008. (Ansa Sportello Europa)

Sarkozy: Ratifica della Francia entro dicembre

La Francia, che è stato il primo paese a bocciare la Costituzione Ue nel referendum del maggio 2005, vuole dare il buon esempio con una immediata ratifica del nuovo Trattato istituzionale.
Al riguardo il presidente francese Nicolas Sarkozy nella conferenza stampa al termine del vertice ha detto: "Spero che questa ratifica possa avvenire il prima possibile, il che significa a dicembre 2007". Riferendosi poi alla Turchia Sarkozy ha precisato che prima di dicembre non sarà aperto alcun nuovo capitolo negoziale tra Ankara e l'Unione Europea. La Francia si oppone all'ingresso sottolineando le proprie perplessità in merito a cinque dei 35 capitoli in cui è stato diviso il negoziato.

Prodi: Il PSE guarda al PD come esempio

Prima di lasciare Lisbona Romano Prodi ha riferito alla stampa che il presidente del Pse, Paul Nyrup Rasmussen, ha affermato che i socialisti in Francia, Grecia e in altri paesi guardano già al  Partito Democratico dell’Italia come ad un esempio ed annunciato che tra le ipotesi c'è anche un cambiamento del nome Pse, non solo per venire incontro alla grande novità rappresentata dal Partito democratico, ma anche alle necessità di tutte le forze riformiste europee che hanno bisogno di allargare le loro esperienze.

 

 

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