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Dopo Francia e Olanda un altro Stato boccia la Costituzione europea

Gli irlandesi dicono “no” al Trattato di Lisbona


I parlamenti di 18 paesi lo hanno già ratificato e adesso tocca all’Italia – Per il presidente della Commissione Barroso e il presidente del Parlamento europeo
Pöttering bisogna andare avanti malgrado tutto - Napolitano: "Fare una scelta coraggiosa  lasciando fuori chi blocca il processo costituzionale" –  L’Associazione dei Giornalisti Europei: "Ritrovare lo spirito dei padri fondatori"

Roma, 14 giugno 2008 -  Il 53,4% degli elettori irlandesi ha votato 'no' al referendum di ratifica del Trattato di Lisbona, contro il 46,6% dei 'si'. A bocciare il Trattato di Lisbona sono stati  862.415 irlandesi, contro i 752.451 che si sono espressi favorevolmente. L'Irlanda è l'unico dei Paesi dell'Unione dove è stata affidata per legge a una consultazione popolare la ratifica del Trattato che doveva sostituire la Costituzione Ue respinta da francesi e olandesi. La prevalenza dei 'no' emerge soprattutto  nelle zone rurali e in quelle operaie del paese. Il ministro degli Affari Esteri, Micheal Martin, ha parlato di ''assenza di una sufficiente informazione sul Trattato'', sottolineando che molta ''gente arrivava sulla soglia dei seggi dicendo: ancora non so abbastanza sul Trattato".

Alla notizia del risultato, il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, sottolinea la necessità di andare comunque avanti nel processo di ratifica del Trattati.
«Il Trattato è ancora vivo, non è morto», ha commentato il presidente dell’ esecutivo. Barroso aveva già detto con chiarezza che non esiste un 'piano B' in caso di bocciatura del Trattato. Né appare valida l'ipotesi secondo cui la ratifica irlandese potrebbe avvenire ugualmente per via parlamentare. La possibilità più concreta è che riprenda il negoziato come accadde nel 2005 dopo la bocciatura della Costituzione con il referendum di Francia e Olanda. «C'è una responsabilità congiunta di tutti i Paesi per fare fronte alla situazione», ha concluso Barroso, secondo il quale il processo di ratifica delle altre nazioni deve comunque proseguire.

Posizione condivisa dal presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. ''Non si può neppure immaginare di ripartire da zero - ha detto - né si può pensare che la decisione di poco più della metà degli elettori di un Paese possa arrestare l'indispensabile, ed oramai non più procrastinabile, processo di riforma''. L'iter delle ratifiche dovrà andare avanti - ammonisce Napolitano - E' l'ora di una scelta coraggiosa da parte di quanti vogliono dare coerente sviluppo alla costruzione europea, lasciandone fuori chi, nonostante impegni solennemente sottoscritti, minaccia di bloccarla''.

Da parte sua, il presidente del parlamento europeo, Hans-Gert Poettering, ha sollecitato "un dibattito sul futuro dell'Ue, in cui giochi un ruolo l'idea di un'Europa a due velocità con un gruppo di Paesi a fare da battistrada". Il presidente del parlamento di ha invitato il governo irlandese a contribuire a trovare una via d'uscita alla situazione creata dal referendum. "Nel vertice Ue della settimana prossima", dice, "i nostri partner irlandesi devono indicare cosa può fare l'Irlanda per uscire da questa difficile situazione". Poettering prospetta anche la possibilità di fermare il processo di ampliamento subito dopo l‘ingresso della Croazia.

Di ''grave colpo alla costruzione europea'' ha parlato il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, precisando che ''questa ulteriore battuta d'arresto, inevitabile sotto il profilo della riforma istituzionale, non è un bene per i cittadini europei''. Per questo, afferma il suo predecessore alla Farnesina Massimo D'Alema ''la risposta migliore apparirebbe oggi la decisione di andare avanti con tutti i Paesi disponibili alla ratifica del nuovo Trattato, senza lasciarsi fermare dalla pur rispettabile decisione dell'1% della popolazione europea". Per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, la battuta d’arresto che viene dall’Irlanda è “preoccupante”, mentre la Lega parla di “saggezza” irlandese. Alla ratifica del Trattato manca ancora il pronunciamento dell’ Italia, che dovrà essere espresso dal parlamento

L’Associazione dei Giornalisti Europei  (Age), per bocca del presidente Nuccio Fava, sottolinea “la disaffezione dell’Europa verso sé stessa, fino al rischio della dissipazione di quanto finora è stato fatto per il processo fondante”. Nell’esprimere preoccupazione per l’esito del referendum irlandese, la nota dell’Age  sottolinea che “il processo di sviluppo politico-istituzionale non può in ogni caso arrestarsi, ma al contrario deve essere rilanciato. Soprattutto deve essere fatto concretamente percepire ai cittadini europei  che senza un potenziamento democratico e in mancanza di un efficace e reale potere decisionale le conquiste comuni saranno vanificate e sciolte in indistinti e contrastanti egoismi nazionali. Il permanere delle insicurezze sulla coesione comunitaria – continua la nota - non solo porterà ad un minore sviluppo economico e sociale, ma renderà anche più difficile poter affrontare e risolvere le emergenze che la globalizzazione riversa sul nostro continente. E’ necessario – conclude il presidente dell’Age  – ritrovare lo spirito dei padri fondatori ed è importante che le istituzioni sappiano proporre una sintesi comunicativa che  risponda in maniera convincente alle attese dei cittadini, che in tante occasioni vedono l’Europa lontana dalle loro esigenze se non addirittura ostacolo alla loro realizzazione”.

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