di Marcello Palumbo
Napolitano: “meschini ripiegamenti”
Ciampi: “non è questa l’integrazione che sognavo”
Prodi: “è mancato lo spirito europeo”
I deludenti risultati del vertice di
Bruxelles del 22/23 giugno hanno rivelato tuttavia un certo
pragmatismo sul quale è possibile fare leva per recuperare il favore
dell’opinione pubblica europea allo storico disegno. E’ questo il
compito dei giornalisti europei e delle forze democratiche. La
bandiera d’Europa non sarà ammainata anche se destituita del suo
valore simbolico ufficiale. L’AGE-Sezione italiana
dell'Associazione dei Giornalisti Europei continuerà a
consegnarla agli enti locali ed alle istituzioni
pubbliche e private.
Forse il vento continuerà ad agitare la bandiera d’Europa
sui pennoni dei palazzi pubblici delle capitali e della città
dell’Unione anche se non ne rappresenterà più il simbolo, sul quale
è caduto, al vertice di Bruxelles del 22/23 giugno, il furore
iconoclasta degli euroscettici che hanno coinvolto nella loro azione
dissacrante anche il beethoveniano “inno alla gioia” e il motto
“uniti nella diversità”. Non c’è stato infatti un ordine ufficiale
di ammainabandiera, e pertanto non disperiamo che su Palazzo Chigi
come sull’Hotel Matignon, sulla Moncloa e sulle mille sedi dei
Governi, dei Parlamenti, dei Capi di Stato, nonché sulle Preture,
sui piccoli e grandi uffici burocratici dei 27 Paesi il vessillo
azzurro a dodici stelle continui a ricordare ai popoli del Vecchio
Continente la comune appartenenza a un patrimonio da custodire e da
tramandare, non senza qualche aggiornamento, alle future
generazioni.
La tabula rasa degli emblemi ha sigillato con estrema
coerenza la volontà di mandare in soffitta lo stesso concetto di
costituzione di cui si fregiava il trattato firmato a Roma il 29
ottobre 2004, ratificato da 18 Stati, respinto dal responso popolare
in Francia e in Olanda, rimasto in bilico negli altri 7 Paesi,
alcuni dei quali lo avrebbero sicuramente approvato.
Tutto ciò che di positivo è stato raggiunto a Bruxelles è
sembrato più il salvataggio di un nobile relitto che non un restauro
del vascello arenatosi sulle coste dell’Atlantico e del Mare del
Nord, e che nessuno ha avuto la forza di disincagliare.
Que reste-t-il dello spirito e delle normative di
quel testo che presentava certamente lacune e puntigliosità
superflue, ma che manteneva accese le speranze di quanti avevano
creduto nell’andatura dei piccoli passi preconizzati da Schuman: la
CECA, la CEE-Euratom, l’elezione diretta del Parlamento europeo,
l’unificazione dei Trattati, l’Atto Unico, Maastricht, Amsterdam,
Schengen, l’Euro, Nizza, e in fine Roma 2004?
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si salva la personalità giuridica
dell’Unione che è legittimata a firmare accordi internazionali e
a rappresentare i Paesi membri;
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A partire dal 2009 il
Consiglio Europeo avrà un Presidente che durerà in
carica 2 anni e mezzo;
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L’Alto Rappresentante
per la politica estera e la sicurezza non sarà promosso
al grado di ministro ma rimarrà una figura di spicco sul piano
internazionale e coprirà la carica di Vice Presidente della
Commissione;
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L’Europarlamento
accrescerà i suoi poteri di codecisione e avrà diritto di veto nei settori della giustizia e degli affari
interni;
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I Parlamenti nazionali
potranno ottenere dalla Commissione il riesame dei progetti
legislativi che interferiscono con le competenze nazionali;
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La regola della
maggioranza presso il Consiglio Europeo si estenderà a 45
settori, escluse le materie riguardanti la politica estera, la
sicurezza sociale, il fisco, le risorse UE e la revisione dei
Trattati;
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Il sistema della doppia
maggioranza al Consiglio Europeo (55 % dei Paesi e 65% della
popolazione) entrerà in vigore nel 2014, ma fino al 31 marzo
2017 ogni Stato membro potrà chiedere l’applicazione delle
regole di Nizza per ciascuna votazione;
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sarà mantenuto in vigore il
compromesso di Ioannina (dall’accordo siglato il 29 marzo
1994 nella cittadina greca), che consente a un piccolo gruppo di
Paesi (minoranza di blocco) di chiedere il proseguimento dei
negoziati al Consiglio Europeo su materie controverse;
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a partire dal 2014 la Commissione sarà
ridotta a 18 membri;
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la dottrina della “concorrenza
libera e non falsata” scivolerà dal Trattato a livello di
protocollo aggiuntivo, ma non perderà il suo valore di regola
fondamentale per il mercato interno;
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la carta dei diritti
dei cittadini (dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà,
cittadinanza, giustizia) non sarà inserita nel testo del nuovo
Trattato, ma ne sarà riconosciuto il valore vincolante con un
opportuno richiamo. In materia di giustizia e di affari interni
la Bran Bretagna ha ottenuto il diritto di autoesclusione (opt
out).
La Commissione intergovernativa
incaricata di redigere il nuovo testo di Trattato sarà insediata il
19 luglio dalla Presidenza portoghese ed avrà 3 mesi di tempo per
consegnare il frutto del suo lavoro, rigorosamente tenuto entro gli
schemi fissati dal vertice di Bruxelles, al Consiglio Europeo di
Lisbona il 19 ottobre prossimo. I due anni successivi dovrebbero
essere sufficienti per ottenere le ratifiche dei 27 Stati e
permettere al nuovo Trattato di raggiungere il traguardo negato al
suo predecessore, nel 2009, in coincidenza col rinnovo del
Parlamento Europeo.
Questa volta le forze europeistiche non avranno le chances di
cui usufruirono nella precedente elaborazione, poiché sono chiari e
ineludibili i limiti posti alla Cig. La situazione richiede nuove
strategie, tutte da indirizzare verso l’interlocutore popolare, e
cioè il vero sovrano, spesso trascurato a favore delle espressioni
verticistiche non sempre corrispondenti agli interessi e alle
tendenze rappresentate. E in questa nuova ottica la comunicazione
riprende il suo ruolo di stimolo, che è compito precipuo dei
giornalisti europei impegnati a concorrere per salvaguardare il
processo di costituzionalizzazione e a mantener fermo l’obiettivo
federale. Lo sapranno adempiere?
(6 luglio 2007)
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