A Linz il Congresso dei giornalisti europei |
In occasione del Congresso internazionale dell’Association des Journalistes Européens (AJE) che si svolgerà a Linz dal 21 al 23 novembre, il decano dell’Associazione Marcello Palumbo ha indirizzato ai congressisti il messaggio che riportiamo qui di seguito: Siamo grati alla città di Linz, capitale culturale d’Europa per il 2009, e all’Austria che per la prima volta accoglie l’annuale appuntamento congressuale dell’AJE, l’associazione dei mille giornalisti che da 46 anni promuovono la costruzione dell’unità europea e che a questo obiettivo dedicano la loro attenzione a servizio di una opinione pubblica rappresentativa di circa mezzo miliardo di cittadini di 27 Paesi. Il nostro primo saluto vuole essere anche un inchino al recente lutto che ha colpito il ceto politico della Nazione austriaca. Il ruolo storico dell’Austria Amiamo l’Austria soprattutto per i segnali di alta dignità che la sua popolazione sa esprimere e per quella sua caratteristica armonia sociale, fondata sulla laboriosità, fonte primaria del suo diffuso benessere. Ma soprattutto - parlo della mia generazione che ha conosciuto gli orrori del conflitto e le difficoltà del dopoguerra - abbiamo amato il popolo austriaco per avere svolto con decoro il ruolo di avamposto dell’Europa occidentale negli anni della guerra fredda, ruolo che ha trovato il suo momento più esaltante nell’accoglienza dei 50 mila profughi dall’Ungheria a seguito della storica rivolta del 1956, e che ha accompagnato con grande sensibilità la graduale liberazione dell’Est europeo dalla dominazione sovietica. L’Austria non è solo un Paese geograficamente al centro dell’Europa, ma lo è in particolare dal punto di vista storico e culturale. Senza andare tanto a ritroso, al tempo del Sacro Romano Impero, che del resto ha cessato di esistere appena all’inizio del secolo XIX, il Parlamento austro-ungarico ha costituito, per l’ampia costellazione di nazionalità da cui era composto, un modello per la nostra attuale Istituzione parlamentare nell’ambito dell’Unione Europea. Vocazione all’unità europea Questa vocazione all’unità europea trovava, all’inizio del secolo scorso, il suo promotore più tenace nell’austro-nipponico conte Richard Coudenhove Kalergi, fondatore del movimento di Paneuropa e ispiratore del primo progetto di Unione Europea raccolto da Aristide Briand, purtroppo naufragato alla Società delle Nazioni nel 1929. A lui si deve inoltre la originaria scelta dell’Inno alla Gioia come inno europeo. La crisi finanziaria mondiale alla quale stiamo assistendo da spettatori direttamente coinvolti ci richiama alla saggezza di una celebre scuola economica di Vienna che, iniziata con Carl Menger, ebbe i suoi più geniali rappresentanti in Joseph Schumpeter, noto per la sua “teoria delle innovazioni” e in Friedrich von Hayek, le cui osservazioni sull’espansione artificiosa del credito e sul mancato aumento del risparmio reale appaiono oggi estremamente attuali. Non meno attuale risuona il saggio suggerimento di Ludwig von Mises sulla scelta della politica economica non legata a ideologie, ma strettamente corrispondente agli effetti desiderati. I contributi alla scienza economica e alla cultura Mi si perdonino queste citazioni che non vogliono sembrare un rimpianto di indirizzi purtroppo non abbastanza osservati, e che per altro restano aperti ad ogni giudizio critico di diversa sponda, quanto all’omaggio che mi sembra doveroso riservare a una Nazione che nel secolo scorso ha fornito contributi essenziali alla cultura economica mondiale, senza dimenticare gli apporti universali ai settori, forse più noti, della musica e della letteratura. Né possiamo dimenticare, tra le preferenze accordate dal consorzio del giornalisti alle figure di coloro che hanno indagato sulla filosofia della comunicazione, i grandissimi autori austriaci Stephan Zweig, Carl Popper, e soprattutto colui al quale dobbiamo la più efficace autocritica della nostra professione: Karl Kraus. Il 2009, anno delle elezioni europee L’anno che sta per iniziare, il 2009, avrebbe dovuto segnare l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona qualora fosse stato ratificato da tutti i 27 Paesi membri. Come sappiamo, così non è stato e non sono ancora note le linee che i medesimi Paesi adotteranno per recuperare il Trattato stesso. L’impasse crea, fra l’altro, problemi circa la composizione del nuovo Parlamento Europeo che al presente comprende 785 membri, i quali scenderebbero a 751 secondo il Trattato di Lisbona o a 736 secondo il Trattato di Nizza. Sulle elezioni europee indette per il mese di giugno del prossimo 2009 non possiamo che auspicare le più favorevoli previsioni, anche se queste sono frenate dalle obiettive realtà. Ogni sconfitta, come quella del referendum popolare irlandese, che ha bruciato l’unanimità delle ratifiche, è anche una nostra sconfitta, una sconfitta della classe dei giornalisti di tutta Europa e in particolare dei giornalisti dell’AJE. Qualche modesta osservazione Permettete a uno dei più anziani colleghi, che continua a lavorare con grandi speranze dal primo congresso di Sanremo del 1962, e che sessant’anni or sono, proprio in questi giorni, al seguito di Alcide De Gasperi, aveva l’onore di incontrare Robert Schuman nella sede del Quai d’Orsay, di formulare umili e riservate osservazioni sull’andamento della nostra Associazione. Essa sembra sviluppare la propria attività molto più ampiamente nelle Sezioni che a livello internazionale, e che del pari sembra – ma può trattarsi di un’ impressione erronea – aver allentato lo sprint originario. Aggiungo l’auspicio di un rapido ricongiungimento con le Sezioni che si sono rese autonome e che hanno costituito un organismo parallelo, e l’invito a rimettere in prima linea i temi della costruzione dell’Unione Europea, specifici dell’AJE. Il mio augurio di buon lavoro a tutti i partecipanti all’Assemblea annuale, a coloro che hanno portato il peso dell’organizzazione nello scorso biennio e a coloro che subentreranno per fare rifiorire, nell’augurabile ricomposta unità, l’azione propulsiva dei giornalisti europei su scala europea. Un grazie di cuore ai membri del Direttivo e di tutta la Sezione austriaca.
Marcello Palumbo
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