Roma,
18 settembre 2007 - La lotta ai cambiamenti climatici sta diventando
una priorità dell’azione politica, non dei singoli stati
dell’Unione, ma dell’Europa intera. Infatti, una strategia che possa
portare a qualche risultato concreto non può prescindere da un
impegno comune per raggiungere gli obiettivi dell'Ue che mirano a
produrre entro il 2020 il 20% di energia da fonti rinnovabili.
Dopo il Consiglio europeo di primavera, in cui è stato adottato il
piano per “Una politica energetica per l’Europa”, il ministro per le
politiche europee, Emma Bonino, si è incontrata oggi con il
commissario europeo all’energia, Andris Piebalgs, per illustrare il
position paper del governo italiano, approvato lo scorso 7 settembre
dal Comitato interministeriale affari comunitari europei (Ciace) e
che illustra le linee guida dell’esecutivo sulle energie
rinnovabili.
Nello studio, il governo cerca di stimare il potenziale massimo
teorico del nostro Paese nella produzione di energia da fonti
rinnovabili. Sia chiaro, non si tratta di un piano strategico del
governo per la diffusione delle rinnovabili, ma è solo un primo
passo in quella direzione, perché stima quanto potremo fare al
massimo nel 2020. Insomma, partendo da questo documento, una volta
che la direttiva sarà finalizzata, il governo dovrà preparare un
Piano nazionale per la diffusione delle energie rinnovabili. In
percentuale l’apporto da rinnovabili dovrebbe aggirarsi intorno al
15%, considerando stime preliminari dello scenario di consumo e di
efficienza al 2020. Le stime dello scenario di consumo sono in corso
di finalizzazione a livello tecnico. La Commissione ha affermato che
l’obiettivo che verrà proposto sarà quello generale, mentre spetterà
agli Stati membri ripartirlo tra elettricità, riscaldamento, e
biocarburanti.
"Si tratta comunque - ha spiegato il ministro Bonino nella
conferenza stampa dopo l’incontro - di potenziali teorici, visto che
nel passaggio alla pratica bisogna tener conto di altri fattori,
come, ad esempio, i problemi legati al rilascio delle autorizzazioni
ma anche il costo da sostenere per incentivare la diffusione delle
rinnovabili". E' importante non creare aspettative impossibili. Per
esempio la ripartizione dell’obiettivo deve avvenire sulla base dei
potenziali nazionali e quindi deve essere inclusa la possibilità di
commerciare energia rinnovabile, anche virtualmente, tra un paese e
l’altro. Inoltre devono essere previste regole chiare di governance
e una piattaforma di principi comuni per gli incentivi. Il rischio è
di usare criteri semplicistici, come un 20% per tutti, o un+13% per
tutti (la media dell’Ue è 7%), che possano portare a definire
obiettivi irrealistici e mettere in pericolo la strategia di
diffusione delle rinnovabili. Obiettivi irrealistici potrebbero
anche essere insostenibili, sia per le finanze pubbliche sia per
imprese e consumatori. Quindi è necessario tener conto non solo
degli obiettivi finali ma anche dei punti di partenza e delle
differenti situazioni dei singoli Paesi membri.
Parlando sull’uso dell’energia nucleare il ministro Bonino ha
affermato che “sul fronte della ricerca non bisogna chiudere nessuna
porta. Anzi, se ne dovrebbero aprire sempre di nuove. Ancora – ha
specificato - non esiste una posizione comune nel governo, comunque
si aprirà una discussione. Sul nucleare stiamo vivendo una
situazione antica ed il dibattito è sempre quello degli anni scorsi.
Sono contenta che il ministro Bersani e altri abbiano aperto sul
fronte della ricerca. Certo siamo ancora lontani dal nucleare di
nuova generazione, ma in Europa c'è un interesse comune”. Una
politica energetica per l’Europa può rappresentare una grande
opportunità. Se correttamente realizzato – osserva Emma Bonino - il
pacchetto avrà l’effetto di promuovere l’innovazione e quindi di
creare una reale leadership tecnologica per l’Ue. Lo sforzo comunque
deve essere visto come una opportunità e non come un onere: se il
progetto politico sarà efficace si potrà incidere positivamente
sulla competitività dell’intera Unione europea.
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