Immensa folla ai funerali nella Basilica di San Paolo fuori le mura |
Il commosso addio di Roma ai sei parà caduti a Kabul |
Roma, 21 settembre 2009 – Una immensa folla ha assistito nella Basilica di San Paolo fuori le Mura ai solenni funerali di Stato per i sei parà morti giovedì scorso nell'attentato di Kabul. Le massime autorità del Paese e tantissima gente comune si sono stretti con affettuosa partecipazione attorno ai familiari delle vittime. Il corteo funebre è partito in mattinata dal Policlinico militare del Celio, diretto alla Basilica di San Paolo, dove alle ore 11 hanno avuto inizio le esequie. Numerose le bandiere tricolore esposte alle finestre e ai balconi dei palazzi lungo il percorso. Molte serrande chiuse in segno di lutto. Per primi ad arrivare alla Basilica sono stati i familiari delle vittime, accolti da un lungo applauso della folla. Alcuni di loro hanno risposto salutando con la mano, ma il sentimento prevalente è stato quello di muto dolore. Poi sono giunte le autorità: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, i presidenti del Sebato, Renato Schifani, e della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, il premier Silvio Berlusconi, i ministri La Russa, Bossi, Calderoli, Frattini, Brunetta, Alfano, Meloni, Tremonti e Letta. Quindi il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Folta anche la rappresentanza dell'opposizione: Franceschini, Bersani, Marino, D'Alema, Scalfaro e Bassolino per il Pd quindi Casini e Vendola. Applausi e sventolio delle bandiere tricolore hanno accompagnato le salme dei sei militari all'interno della Basilica. Ad accogliere le bare don Salvatore Nicotra, cappellano di Kabul. Numerose le grida dei tanti presenti: "Eroi", "Viva i parà'", "Viva la Folgore". Il presidente della Repubblica si è inchinato al passaggio di ognuna delle sei bare avvolte dal Tricolore, Berlusconi ha applaudito all'arrivo delle salme. Bossi ha detto: "Li abbiamo mandati noi e sono tornati morti". All'inizio della cerimonia è stato letto il telegramma di condoglianze del Papa. Toccante l'omelia pronunciata dall'ordinario militare, monsignor Vincenzo Pelvi, che ha chiamato le vittime per nome, uno ad uno, "Antonio, Davide, Giandomenico, Massimiliano, Matteo, Roberto". "L'intera nazione – ha detto mons. Pelvi - ha dimostrato in questa difficile prova quanto siano saldi i valori di solidarietà e fraternità che caratterizzano la nostra Italia. Se uno Stato non è in grado di proteggere la propria pace da violazioni gravi e continue dei diritti umani, la comunità internazionale è chiamata a intervenire. Le missioni di pace - ha aggiunto - ci stanno aiutando a valutare da protagonisti il fenomeno della globalizzazione, che non è da intendere solo come processo economico ma come criterio etico". Il rito funebre ha avuto uno dei suoi momenti più toccanti quando un trombettiere della Folgore ha eseguito il tradizionale “silenzio”. Subito prima era stata letta la preghiera del paracadutista. Vicino a Gianfranco Paglia, rimasto paralizzato dopo la missione in Somalia, che ha letto la preghiera, vi era il piccolo Martin che indossava il basco amaranto del papà, il capitano Antonio Fortunato, uno dei sei militari caduti a Kabul. Appena i feretri dei sei paracadutisti salutati al grido di ''Folgore'' hanno lasciato la basilica di San Paolo la pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori, così come voluto dal ministro della difesa Ignazio La Russa, ha reso l'ultimo omaggio ai militari caduti, sorvolando per due volte i cieli di Roma.
IL
CORDOGLIO DI PAPA BENEDETTO XVI AI FAMILIARI DELLE VITTIME E
ALL’ITALIA
LE
CONDOGLIANZE DEL PARLAMENTO EUROPEO ALLE FAMIGLIE DEI CADUTI
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