Dibattito a Strasburgo sull’immigrazione |
Strasburgo, 15 settembre 2009 - Dibattito questa mattina al Parlamento europeo su “Immigrazione, Frontex e coordinamento tra gli Stati membri”, tema introdotto dal vicepresidente Barrot e dal ministro Billström. Riportiamo una sintesi degli interventi degli eurodeputati italiani. Sonia Alfano, a nome del gruppo ALDE. – Signor presidente, onorevole colleghi, grazie vicepresidente Barrot e ministro Billström. Io già in data 31 agosto ho presentato un'interrogazione prioritaria alla Commissione. Vero è che è diminuito il numero dei migranti che arrivano sulle coste italiane e sulle coste libiche, ma perché è cresciuto il numero dei morti che invece il Mediterraneo continua ad accogliere. Purtroppo, il Mediterraneo è ormai diventato un cimitero a cielo aperto e il governo Berlusconi, quindi il governo italiano, ha adottato un accordo con la Libia che consente purtroppo il respingimento non solo di migranti, consente anche il respingimento dei rifugiati che provengono da paesi dove sono in atto persecuzioni, guerre civili, come la Somalia e l'Eritrea, e nega a questi poveri disgraziati il diritto di chiedere asilo, violando così non solo tutte le norme internazionali, ma viola soprattutto la Convenzione di Ginevra. Io vorrei ricordare a me stessa che il non respingimento è un principio che non conosce limitazione geografica e che non può essere assolutamente né mercanteggiato né negoziato. Non vorremmo continuare a pensare che questo accordo tra Italia e Libia si possa poi alla fine ridurre ad un pensiero di interesse economico che vale circa 5.000 miliardi di euro. Io intimo alla Commissione di non fare – se questa è la loro intenzione, l'intenzione della Commissione – di non fare un accordo tra l'Unione europea e la Libia simile a quello italiano, perché abbiamo visto che cosa ha prodotto questo accordo scellerato. Questo accordo, ripeto, ha purtroppo inflitto, costringe queste persone a subire delle torture, perché di questo si parla: i centri di detenzione nei quali vengono riaccompagnati in Libia sono, a quanto pare da notizie riportate da organi di stampa, ma anche da fotografie – per esempio, le fotografie che ritraggono molti di questi immigrati nel carcere di Canfuda a dieci chilometri da Bengasi – ecco quelle sono torture che io credo non trovino nessuna spiegazione in nessun patto di amicizia o patto istituzionale. Come sottolineato dall'Unhcr, il principio di non respingimento vieta di rinviare le persone in territori dove la loro vita può essere considerata in pericolo e dove la loro libertà possa essere minacciata. Riportare questa gente in Libia, che ricordo sempre a me stessa, non ha firmato e ratificato la Convenzione di Ginevra, sembra veramente una cosa incredibile. Tra l'altro, la beffa che si aggiunge è che in Italia è previsto anche il reato di immigrazione illegale per cui queste persone – io mi riferisco per esempio al clamoroso sbarco degli ultimi giorni del mese di agosto, dove hanno perso la vita tantissimi somali – quei pochi, credo 4 o 5 somali che sono usciti ad arrivare a destinazione sono stati, tra l'altro, accusati di immigrazione, quindi in questo momento sono perseguiti dalla legge italiana. Io chiedo alla Commissione adesso di passare davvero all'azione, di valutare se il patto Italia-Libia sia conforme al diritto internazionale e di dare finalmente una svolta decisiva non affiancandosi alla politica scellerata del governo italiano. Roberta Angelilli (PPE). – Signor presidente, onorevoli colleghi, mi dispiace onestamente che alcuni colleghi italiani non abbiano perso l'occasione per riproporre la solita polemica che ha come unico fine un attacco al governo italiano. Io credo che sull'immigrazione non bisogna più fare strumentalizzazioni ideologiche, piuttosto dobbiamo andare fino in fondo sulle linee guida tracciate dal patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, che poggia sui valori dell'integrazione e della solidarietà. Io, davvero, apprezzo l'impegno che la Commissione ha messo in atto negli ultimi anni, ma il Commissario Barrot sarà d'accordo con me nel dire che bisogna imprimere un'accelerazione per dare vita ad una vera e propria strategia europea sull'immigrazione, che abbia come priorità il contrasto intransigente all'immigrazione clandestina e ai traffici illegali, alla tratta e allo sfruttamento degli esseri umani. Occorre intervenire con durezza contro tutti coloro che lucrano su questi traffici, compresi i datori di lavoro che utilizzano manodopera illegale. Non è certo più accettabile lasciare che l'immigrazione sia un problema solo a carico dei paesi di frontiera che si affacciano sul Mediterraneo. La recente proposta della Commissione per un programma comune di reinserimento è un passo in avanti nella cooperazione politica e pratica tra gli Stati membri, ma occorre mettere urgentemente in atto una serie di iniziative per sviluppare una più efficace solidarietà intracomunitaria. Ecco perché attendiamo che si concretizzi presto l'annuncio fatto dal Presidente di turno dell'Unione europea, raccogliendo, tra l'altro, un appello accorato del ministro Franco Frattini, di aprire un dibattito per arrivare ad un'equa distribuzione tra i paesi membri degli oneri e delle responsabilità relativi ai flussi di immigrati clandestini e ai richiedenti assistenza politica. A mio avviso, questo è il punto, perché altrimenti noi arriviamo al paradosso che ci sono paesi membri, tra cui l'Italia, Malta, la Grecia e la Spagna, che hanno l'obbligo di accogliere ed altri invece che si rifugiano nel concetto discrezionale della solidarietà su base volontaria. Non è più possibile sottrarsi! Io ringrazio la Francia perché si è resa disponibile ad accogliere cento persone, cento richiedenti asilo: cento, cento persone, ma ci sono migliaia, decine di migliaia di richiedenti asilo. Grazie quindi alla Francia, ma è una goccia nel mare. Chiudo dicendo che non possiamo, tra l'altro, più pensare che l'immigrazione sia la panacea. Senza una seria politica di cooperazione allo sviluppo, rispetto alla quale l'Europa deve essere protagonista, noi condanneremo una parte del mondo ad un destino certo e inevitabile di povertà e disperazione. Clemente Mastella (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, dico subito in premessa e senza nessuna enfasi che per me l'accoglienza è un valore che ha il carattere della sacralità. In fondo è sulla solidarietà tra le persone che nascono le comunità dello Stato, che sono regolate attraverso alcuni vincoli particolari: quelli di diritti e doveri. Perciò, per quanto mi riguarda, tutto ciò che va contro questo elementare principio biblico mi trova decisamente contrario. È con l'accoglienza e anche con i modi con quali bisogna accogliere che nascono evidentemente, con una forma di convergenza combinata, anche gli aspetti che riguarda l'integrazione. Che fare? Come situare queste persone afflitte dalla disperazione che arrivano negli Stati e come rimuovere al tempo stesso quella sorta di conflitto che nasce e che a volte assume gli aspetti del rancore e della rabbia, della collera, determinando forme abbastanza inquietanti dal punto di vista dell'antagonismo. E ancora: che fare perché la salvaguardia del diritto di asilo, che è un principio richiamato anche in questi giorni, non dia spazio però al tempo stesso a surrettizi, a forme con le quali si manifestano, a mo' di alibi, e si nascondono dietro questo diritto universale anche coloro i quali nulla a che fare con questo diritto hanno, nulla a che fare con il diritto di asilo, ma invece hanno a che fare con l'illegalità e con la criminalità. Davvero pensiamo, signor rappresentante della Comunità, che tutto questo possa essere assunto in responsabilità come carico da parte dei singoli Stati? Allora sembra a me che l'Europa che, fino ad ora, molto probabilmente, anzi si è mossa, con una certa incertezza, non può più rimandare la definizione di una linea unitaria e seria sul tema dell'immigrazione. Non può parlare come ha parlato con tante voci discordi, non può costringere alla solitudine i singoli Stati, i fronti più esposti e vulnerabili. Non può privarsi di una posizione comune collegialmente elaborata e mai fino ad ora collegialmente elaborata, ma poi correntemente difesa nei suoi principi essenziali. Non può, signor Presidente, non sentire le frontiere come questione propria piuttosto che dei singoli Stati. Non può prestarsi, come anche accaduto in quest'Aula, a forme teatrali e casalinghe nella disputa di quanto fa il governo italiano e gli altri governi. Pare a me che non si possa pensare, evidentemente, che le tragedie consumate al largo di Lampedusa, Ceuta e Melilla non riguardino Bruxelles, Berlino, Parigi e viceversa. L'attenzione tra gli Stati singoli, l'Europa nasce da questo e crea problemi; e questo aumenta anche il deficit democratico dell'Europa, può solo aggravarlo questo deficit in mancanza di una politica coordinata sull'immigrazione; accentua l'impressione che egoismi di Stato prevalgono sugli interessi di tutti. Acuisce, signor Presidente, la percezione frustrante che a Bruxelles e Strasburgo ci si occupi assai spesso di cose astruse e non dei temi che allarmano l'opinione pubblica; indebolisce in fondo l'identità politica dell'Europa. Ecco perché mi auguro che la Presidenza della Svezia inizi un accordo con i paesi più esposti a ragionare e a realizzare quella che fino ad ora è mancata, cioè questa forte, serena, seria e severa politica comune rispetto all'immigrazione. David Sassoli (S-D). – Signor presidente, Commissario Barrot, onorevoli colleghi, ministro Billström, abbiamo richiesto questo dibattito per attirare l'attenzione dell'Unione europea sulla grave violazione dei diritti fondamentali delle persone che sta avvenendo in Italia. Dal mese di maggio ad oggi oltre 1.000 migranti sono stati raccolti in mare dalle autorità italiane e consegnati alla Libia nel corso di respingimenti informali e indiscriminati senza identificazione, né diritto di ricorso, né accesso alle procedure di asilo, con il rischio di subire in Libia trattamenti inumani e degradanti. Come ha confermato il Commissario Barrot chiedendo informazioni all'Italia, riteniamo che queste pratiche violino i principi fondamentali su cui l'Europa si fonda. Questo tipo di azioni non è compatibile né con la Convenzione europea per i diritti dell'uomo, né con il diritto comunitario, in particolare lo Schengen borders code e la direttiva rimpatri, né con la legislazione italiana. Ieri, le Nazioni Unite hanno richiamato l'Italia al rispetto del diritto internazionale e sempre ieri 24 rifugiati somali ed eritrei respinti dall'Italia hanno presentato un ricorso alla Corte di Strasburgo contro l'Italia per violazione della Convenzione europea per i diritti umani. L'immigrazione clandestina in Italia, inoltre, è diventata un reato penale, un'aggravante. Il solo fatto di essere migrante è condizione di discriminazione, disuguaglianza, e determina per lo stesso reato pene più pesanti. Essere migrante irregolare, come lo sono state le famiglie delle nostre comunità italiane, portoghesi, polacchi, greci, italiani, impedisce l'accesso a diritti fondamentali, alle cure più elementari, inclusi i servizi sanitari, per timore di incorrere in una denuncia. Questo sta accadendo in Italia, signor Presidente, come denunciato anche da giuristi, costituzionalisti e associazioni laiche e cattoliche. La Commissione come intende attivarsi per far cessare queste violazioni? Questo Parlamento si è espresso sempre in favore della lotta all'immigrazione clandestina, ma nel rispetto dei diritti fondamentali. Vogliamo sapere, signor Presidente, se la Commissione intende intervenire sulla legislazione italiana, verificare l'accordo italo-libico. Non possiamo consentire vent'anni dopo la caduta del Muro di Berlino ad alcuni governi di alzarne di nuovi. Rita Borsellino (S-D). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, Signor Commissario, signor ministro, nei giorni scorsi, presentando il piano europeo per l'asilo, lei stesso, Commissario Barrot, ha parlato di fermezza contro l'immigrazione irregolare e di umanità nell'accogliere i perseguitati. Tradotto in termini giuridici significa garantire protezione e diritto di asilo a chi fugge dalla fame, dalle guerre e dalle persecuzioni, evitare che sia espulso verso paesi dove rischia la vita o un trattamento disumano. È praticamente il contrario di quello che fa il governo italiano, come dimostra l'ultimo grave episodio del respingimento dei 75 immigrati provenienti dall'Eritrea e dalla Somalia in Libia, respingimento avvenuto senza verificare quantomeno se vi fossero potenziali richiedenti asilo, come prevede il diritto internazionale e come ha denunciato ieri l'Alto Commissariato per i diritti umani dell'ONU. Un accordo Italia e Libia non può trasformare quel tratto di mare in una zona franca dove sono violati i diritti umani. Chiedo, dunque, alla Commissione di intervenire quanto prima per far ristabilire e rispettare le regole del diritto internazionale. Chiedo inoltre di sapere a che punto è il negoziato dell'accordo bilaterale tra Unione europea e Libia, in corso già da alcuni anni? Quando si prevede di concluderlo? Possono il Consiglio e la Commissione confermare che tale accordo prevarrebbe su quello bilaterale tra Italia e Libia? Potete illustrarne a questo Parlamento i punti principali in materia di contrasto dell'immigrazione clandestina e di garanzie per il diritto di asilo e il principio di non respingimento? Antonio Cancian (PPE). – Signor presidente, onorevoli colleghi, stamattina sembrava di essere al Parlamento italiano con la sua presidenza e quindi... ritengo però che l'immigrazione significa sicurezza e rispetto dei diritti umani. Purtroppo però la globalizzazione e l'apertura dell'Unione europea a 27 paesi, tutto troppo in fretta e non si sono prese le contromisure adeguate per far sì che la sicurezza e il rispetto dei diritti umani possano essere salvaguardati. Ho sentito la Commissione: bene sulla strategia, ottimi gli interventi futuri, ma qui si dimentica che il problema è contingente, è drammatico, siamo in uno stato di emergenza: quello che è stato detto stamattina vale in una situazione normale, ma oggi – soprattutto in Italia – non siamo una situazione normale. Quindi prego la Commissione di guardare più alla tattica che alla strategia e considerare che questo problema è europeo a tutto gli effetti, grazie.
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