Reazioni internazionali contro la sentenza della giunta militare Birmana |
Ue, Onu e Usa chiedono la liberazione di San Suu Kyi |
Roma, 11 agosto 2009 - Toni durissimi nelle reazioni internazionali all'ennesima condanna di Aung San Suu Kyi da parte della giunta militare birmana. Barack Obama si unisce alle richieste dell'Unione Europea e dell'Onu per la liberazione "immediata" e "senza condizioni" della leader dell'opposizione. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stato convocato in giornata mentre il segretario generale Ban Ki Moon ha espresso la sua "delusione", ha condannato "con fermezza" il verdetto e ha chiesto alla giunta militare birmana di "rilasciare immediatamente e senza condizioni" San Suu Kyi. La presidenza di turno svedese dell'Ue ha annunciato che sono allo studio diverse misure restrittive nei confronti degli interessi economici del governo di Rangoon, che "saranno alleggerite o inasprite a seconda degli sviluppi" della situazione. La Ue inoltre "intensificherà il lavoro con la comunità internazionale, e specialmente con i suoi partner in Asia, per ottenere il rilascio di San Suu Kyi e degli altri prigionieri politici in Birmania". Piero Fassino, inviato speciale dell'Ue per la Birmania, ha espresso "tristezza e angoscia per una condanna ingiustificata di cui è ancora una volta vittima Aung San Suu Kyi". "Una condanna così priva di ragioni e di legittimità che la giunta ha sentito la necessità di dimezzarne la pena e di trasformarla subito in arresti domiciliari. In ogni caso - ha aggiunto - non ci rassegniamo e anzi crescerà ancor di più il nostro impegno per ottenere la liberazione di San Suu Kyi e dei prigionieri politici e l'apertura di quel dialogo tra giunta, opposizione e comunità etniche indispensabile perché le elezioni del 2010 possano essere effettivamente libere e democratiche". Il ministro degli esteri Franco Frattini ha espresso una "ferma condanna" contro il verdetto di colpevolezza annunciato a carico della dissidente birmana Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace 1991,a seguito di un processo ampiamente ritenuto ingiusto. Con tale pronuncia, si legge in una nota ufficiale, le autorità del Myanmar hanno scelto di ignorare le proteste di larga parte della comunità internazionale, inclusi molti membri dell'Asean, l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico di cui la stessa ex Birmania fa parte. "Laddove alla signora Suu Kyi, a seguito della nuova pena inflittale, fosse impedita la partecipazione al processo elettorale previsto per il 2010 - ha affermato Frattini - ritengo che ciò costituirebbe una gravissima lesione ai principi della democrazia". Per il segretario di Stato americano Hillary Clinton, Suu Kyi "non avrebbe mai dovuto essere né processata né condannata". L'ex first lady, inoltre, chiede la liberazione dei prigionieri politici, incluso lo statunitense John Yettaw: "Siamo preoccupati per la durezza della condanna nei suoi confronti, specialmente alla luce delle sue condizioni di salute". Il presidente francese Nicolas Sarkozy parla di nuove sanzioni contro il regime birmano precisando che le restrizioni dovrebbero riguardare il campo del legname e delle pietre preziose. Il primo ministro britannico Gordon Brown si dice "costernato e in collera". E sottolinea che le elezioni previste per l'anno prossimo non avrebbero "credibilità e legittimità" senza la partecipazione di Suu Kyi, definita la "speranza" del Paese. Il capo del governo di Londra annuncia inoltre che scriverà a tutti i membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu per chiedere che venga imposto un embargo globale alla vendita di armi al regime birmano. In Australia il ministro degli esteri Stephen Smith chiede l'immediato rilascio di Aung San Suu Kyi e convoca l'ambasciatore birmano. Il governo della Malesia indice una riunione straordinaria dell'Asean, l'associazione dei Paesi del Sud-est asiatico. Quattordici premi Nobel per la pace chiedono un'inchiesta sui "crimini contro l'umanità" in Birmania. "E' fondamentale - scrivono in una lettera aperta - che il regime risponda dei suoi crimini e che la portata della sua brutalità sia oggetto di un'inchiesta". A loro parere, Suu Kyi (anche lei insignita del premio nel 1991) è stata condannata "sulla base di accuse inventate". Tra i firmatari ci sono Mikhail Gorbaciov e il Dalai Lama. Per Amnesty International la sentenza contro Aung San Suu Kyi "è vergognosa". La segretaria generale dell'organizzazione, Irene Khan, ritiene "una mascherata politica e giudiziaria" sia l'arresto che il processo alla dissidente.
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