L’impegno dell’Unione europea in Afghanistan |
Bruxelles, 6 novembre 2009 - Meno visibili della presenza militare, gli aiuti per la ricostruzione dell’Afghanistan sono altrettanto consistenti di quelli alla stabilizzazione del paese. L’impegno europeo in tal senso è di tutto riguardo. Un esempio è la ricostruzione di una barriera sul fiume Kunduz, nel nord del Paese, finanziata dall’Unione Europea. L’Ue ha già investito in Afghanistan otto miliardi di euro tra il 2002 e il 2010, mentre 700 milioni di euro sono vincolati per il periodo 2007-2010. La stabilizzazione di un paese passa necessariamente attraverso la sicurezza, e dunque l’addestramento della polizia e dei rappresentanti della giustizia. Nella missione di Eupol la Germania forma gli agenti, l’Italia i giudici. Dal 2002 l’Europa è il maggiore finanziatore della polizia afghana: 200 milioni di euro già versati, e più di 18mila agenti addestrati. Imporre la legge in Afghanistan significa lottare contro l’economia che ruota attorno all’oppio, che a sua volta alimenta corruzione e criminalità. Della lotta al narcotraffico si occupano i britannici. L’Europa si è anche impegnata in progetti di sviluppo rurale, con l’idea di sostituire la coltura del papavero. Tra il 2002 e il 2006, l’Unione Europea ha investito 969 milioni di euro in progetti per la ricostruzione, e per il periodo 2007-2010 l’impegno è stato pari a 700 milioni di euro. Uno sforzo finanziario, umano, e politico notevole da parte degli europei: i risultati non sono, ancora, sempre all’altezza. SOLDATI DI 42 PAESI IMPEGNATI IN QUATTRO ZONE DELL’AFGHANISTAN Impegnati sul terreno sin dal 2001, i militari stranieri in Afghanistan hanno pagato un pesante tributo a questo confitto. In otto anni sono morti un migliaio di soldati; se l’anno scorso fu un anno record, con 294 vittime, nel 2009, non ancora concluso, sono già più di 400. Sono attualmente in corso due operazioni: Enduring Freedom, ‘libertà duratura’, che conta 35mila uomini, in maggioranza americani, e l’Isaf, su mandato delle Nazioni Unite, forte di circa 68mila uomini, per metà americani. I soldati dei 42 paesi impegnati sono divisi in quattro zone: sotto il comando tedesco a nord, francese nella regione di Kabul, olandese a sud, e italiano a ovest, con la zona orientale e quella meridionale direttamente esposte ai ribelli talebani che hanno riconquistato buona parte del territorio. In tutto ci sono oltre 100mila soldati stranieri, 90mila militari afghani e 80mila agenti afghani che non riescono a controllare 20mila combattenti talebani. Stando così le cose, è difficile immaginare un ritiro delle truppe straniere, che in parallelo stanno formando le forze afghane. L’esercito dovrebbe contare entro l’anno prossimo 134mila uomini. Quanto agli agenti di polizia, la loro formazione è assicurata dagli europei di Eupol. Il comandante delle forze Isaf, il generale americano McChrystal, ha chiesto altri 40mila uomini, da stanziare soprattutto a nord e a ovest: è qui che i ribelli si stanno spostando.
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